martedì 8 maggio 2012

The Woman, Lucky McKee

Il cinema horror soffre spesso di essere girato in cattive condizioni: pessimi attori, trame sconclusionate, fotografia dubbia, ecc. Questo perchè fa parte di una categoria "di genere" che è stata spesso sfruttata a soli fini commerciali (il sangue ed il sesso sono sempre una buona esca) sfornando prodotti che possono risultare grotteschi. Accanto a questo operò ci sono delle perle, ci sono dei grandi registi, ci sono dei dei film incredibili. Ultimamente il cinema horror sembra essersi arrestato a rebot fracassoni di vecchi film, ovvero prendere importanti saghe di un tempo e farle ripartire dal primo eposodio aggiornandolo agli anni 2000, tra questi remake senz'anima abbiamo "Nightmare on a Helm street", "Halloween","L'ultima casa a sinistra", "Non aprite quella porta", "Le colline hanno gli occhi" e molti altri. Persino il ludicissimo "Scream 4" di un sagace Wes Craven è l'ennesimo rebot, rebot che gioca su essere tale e fa per la quarta volta dell'ottimo meta-cinema.
Insomma sembrerebbe che le idee scarseggino ad Hollywood, sembrerebbe anche che escano troppi film per adolescenti privi di contenuti che giocano tra lo slayer e la casa infestata Oppure ci si dirige verso la banale tortura senza suspence che gioca sul disgusto/gusto dello spettatore, vedi la categoria torture porn con titoli come "Hostel" e la serie "Saw".

Però ci sono ancora autori in grado di creare idee nuove e di creare nuovi tipi di orrore, tra questi sicuramente il poco conosciuto Lucky McKee. Americano classe '75 ha sfornato negli ultimi 10 anni un certo numero di pellicole notevoli, creando addirittura un grande piccolo cult movie in "May" (2002).

Nel 2011 esce "The Woman" ultima fatica del regista che sarebbe un sequel di "Offspring" entrambi adattati dai chiacchierati romanzi di Ketchum. Viene presentato al Sundance dello stesso anno dove si tira addosso accuse di misogenia di quelli che non hanno visto bene il film (forse troppo tempo a tenere coperti gli occhi?).

Il lungometraggio narra di una famiglia apparentemente perfetta. C'è la madre, una sempre superba Angela Bettis assidua collaboratrice di McKee, innamorata del marito e succube di lui in ogni decisione, in un atteggiamento di remissione che le sarà fatale. La figlia adolescente, prossima al college recentemente trasformatasi in una ragazza poco comunicativa custode d'un difficile segreto. Il padre stilizzazione di maschio dominante e portatore di un'assenza di rispetto per le donne via via sempre più lampante nel film. Il figlio adolescente, prototipo del padre in costruzione. Ed infine l'ingenuità assoluta, la bambina.
Angela Bettis
Al ritorno da una battuta di caccia il padre porta a casa una nuova preda, un trofeo inusuale ed intrigante: una donna selvaggia, incapace di parlare e che preferisce usare la bocca per addentare qualunque umano le si avvicini troppo. L'uomo decide di rinchiuderla nella rimessa col proposito di rieducarla, ma l'intento si rivela più vicino alle sevizie che all'educazione, il lato sadico dell'uomo si riversa su questa donna in un escaletion di violenze e soprusi. Coinvolgendo anche  il resto della famiglia, una famiglia sbigottatita ma remissiva dove il figlio emula il padre anche nelle torture inflitte alla donna, mentre la figlia adolescente è l'unica che fraternizza con la prigioniera.
La situazione precipiterà in un sanguinoso finale con qualche colpo di scena, tanto sano gore ed un'ultima destabilizzante scena.

Come in altri suoi film anche quì McKee presenta una situazione apparentemente normale dove man mano si aggiungono dettagli sinistri, fino ad arrivare all'acmè di violenza nel finale a cui lo spettatore è ben lieto di partecipare dopo tanta ansia accumulata. Il tutto supportato da una buona fotografia, un ritmo ben calibrato, un cast di buoni attori: oltre alla già citata Angela Bettis c'è anche un'animalesca, mostruosa Pollyanna McIntosh (la donna catturata). Da ricoscere al regista anche un raro talento nello scegliere la colonna sonora, anche se stavolta invece di avvalersi della collaborazione di Jaye Luckett si affida a Sean Sepillane.

Il film ha ricevuto critiche di misogenia per le torture a cui è sottoposta la donna, ma critiche non potevano che essere più errate: il cinema di McKee è spesso al femminile, ma non un femminile ordinario bensì quello più disturbante, in "May" si trattava d'un outsider incapace di avere amici con cui era impossibile non fraternizzare. Quì invece abbiamo una creatura che non comunica, che viene presentata come nemica perchè selvaggia, perchè cannibale, ma il suo essere donna disturba la famiglia. Disturba il padre che non è in grado di avere rapporti col gentil sesso che non siano costruiti su timore e minacce, e trovarsi una creatura simile davanti non può che liberare ancora di più i suoi istinti. L'uomo è l' l'archetipo di un'odio e di un male latente, intrappolato in una società che crede giustamente di rappresentare, una società dentro la quale però è intrappolato incapace di sfogare i suoi feroci istinti. La sua misogenia è imperante trova nella donna la sua nemesi.
The Woman ( Pollyanna McIntosh)
La donna disturba la madre che la vede come una minaccia, una madre che ha perso la capacità di agire soggogata come è dall'uomo, gli atti di ribellione tardivi e le poche timide domande non la salveranno, essa ha delegato le sue azioni al suo uomo perdendo tutto, anche la possibilità di redimersi.
Ed i figli sono duali: da una parte il maschio pronto a fare la fine del padre, incapace di ricevere critiche e di migliorarsi. Dall'altra le due ragazze dove la più grande è in preda a dubbi e cerca d'accogliere la donna, ma l'unica a riuscirci veramente perchè priva di pregiudizi è la più piccola. Una bambina che non era ancora stata educata a piegarsi alla società, all'uomo di casa, che vede nella creatura segregata un essere triste, una nuova famiglia.
La creatura selvaggia deve essere restituita alla libertà perchè nella sua brutalità essa rappresenta l'essenza della libertà, libera dalle costrizioni e dalle regole anche più basilari della società. E' la prima donna, è l'essere primitivo, ma anche l'essere puro, non conosce bene e male, non conosce giusto e sbagliato, il suo cannibalismo è funzionale alla sua parte animale, al suo sostentamento. La violenza che lei genera è viscerale e risponde a torti subiti, quella della famiglia civilizzata invece è una violenza contaminata, disturbata da privazioni, frasi non dette, la famiglia civilizzata tenta di negare il proprio primitivismo.
Questo scontro di violenze e di civiltà non ha a che fare con la misogenia, ha a che fare con istinti ancestrali, il confronto con la natura da sempre risultati non calcolabili. E la resa di tutto questo è perfetta.
Da vedere, per stomaci forti.

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